Lui è Joseph Agnone, all’anagrafe Giuseppe Agnone, nasce nel 1929, in un piccolo borgo agricolo del casertano Cisterna di Castel di Sasso. Figlio di contadini, la sua vita è semplice scandita dai ritmi della campagna, ma il piccolo Giuseppe ha uno sguardo vivace e una curiosità che sembra voler sfondare i confini del paese. Sogna di studiare, di imparare, ma le condizioni economiche della famiglia lo costringono presto ad accantonare quei progetti.
Quando la Seconda guerra mondiale arriva fino alle sue colline, i sogni di un ragazzino si frantumano dinnanzi alle dure conseguenze della guerra. L’autunno del 1943 porta con sé un fiume di fuoco e di sangue: i tedeschi, in ritirata dalla linea del Volturno, bruciano le case, e tra queste c’è anche quella della famiglia Agnone. Giuseppe, ancora adolescente, resta sconvolto dalle fiamme e dal fragore delle armi. Sullo sfondo, gli angloamericani tentano di superare questo sbarramento difensivo e avanzare verso la linea Gustav a Cassino. Quelle immagini resteranno scolpite nella sua memoria.
Finita la guerra, Giuseppe – che negli Stati Uniti diventerà Joseph – decide di partire. Cerca un futuro oltre l’oceano, con la speranza di costruire ciò che in Italia non ha potuto avere. Negli USA lavora sodo, cambia più mestieri, finché trova un impiego stabile che gli permette di sposare una giovane donna italiana, Elvira originaria di un paese vicino al suo. Con lei costruisce una bella famiglia, con tre figlie e diversi nipoti.
Eppure, quel desiderio di sapere non lo abbandona mai. In pensione, Joseph si rifugia nelle biblioteche, divorando libri di storia e di lingue straniere. Da autodidatta impara tedesco, spagnolo e francese, ma la sua passione più grande resta la storia della guerra che gli ha segnato l’infanzia.
Un giorno, mentre studia la battaglia del Volturno, si imbatte in un articolo su una strage nazista avvenuta a Caiazzo nell’ottobre del 1943. Vuole saperne di più. Parte per Washington e consulta i National Archives (NARA). Tra le mani gli capita un dossier appena desecretato: un’inchiesta del governo americano su una strage in cui 22 civili – tra donne e bambini – erano stati uccisi dai tedeschi sul Monte Carmignano. C’è anche il nome del responsabile: Wolfgang Lehnigk Emden. È vivo, libero, tornato in Germania dopo la guerra.
Joseph non si limita a indignarsi: scrive alla Procura di Santa Maria Capua Vetere chiedendo di riaprire il caso, a quarant’anni dai fatti. Trova un magistrato giovane e determinato, Paolo Albano, che accoglie la richiesta e avvia l’inchiesta. Dopo anni di lavoro, nel 1994 arriva la condanna in contumacia dei responsabili. Finalmente, giustizia è fatta per le vittime.
Da quel momento Joseph diventa per molti “il detective della storia”. Continua a scavare negli archivi americani, recuperando documenti su altre stragi dimenticate: San Salvatore Telesino, Bellona, il bombardamento di Urbania, la distruzione di Montecassino. Giornalisti e studiosi italiani e stranieri si rivolgono a lui per il suo fiuto da segugio e per la sua capacità di muoversi tra faldoni polverosi a migliaia di chilometri di distanza.
Negli ultimi anni, si appassiona alla vicenda dell’Utopia, una nave diretta in America che affondò nello stretto di Gibilterra con centinaia di migranti a bordo. Scava negli archivi di Inghilterra, Italia e Spagna per dimostrare che quelle vittime non ebbero mai il giusto riconoscimento.
Joseph Agnone muore nel 2017 nel Maryland. La sua vita, iniziata tra le colline del casertano e terminata oltreoceano, è stata un ponte tra memoria e giustizia. Non aveva potuto studiare da ragazzo, ma aveva passato un’esistenza intera a studiare per restituire voce a chi la guerra aveva ridotto al silenzio.